La TRAMA : L’infermiera Floria lavora con passione e professionalità nel reparto di chirurgia di un ospedale. Ogni suo movimento è perfetto. È sempre in ascolto di tutti i pazienti, anche nelle situazioni più stressanti, e si rende sempre disponibile, facendo fronte a ogni emergenza. Ma nella cruda realtà della sua routine quotidiana, in un reparto sovraffollato e a corto di personale, spesso le situazioni sono imprevedibili. Floria si prende cura, fra tanti altri, di una giovane madre gravemente malata e di un anziano signore che attende con apprensione la sua diagnosi. Via via che la notte avanza, il suo lavoro assume sempre più i contorni di una corsa contro il tempo.
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La RECENSIONE di SentieriSelvaggi : Per essere un medical drama, L’ultimo turno è piuttosto atipico. Intanto perché è un film, laddove il genere è storicamente più popolare e prolifico in televisione. Per buone ragioni, del resto: gli ospedali sono microcosmi isolati e autosufficienti, complessi macchinari fatti di piccoli e grandi ingranaggi perfettamente oliati, oltre che enormi contenitori di storie. Vita e morte, politica e moralità, ricchezza e povertà, speranza e disperazione: gli ospedali vivono di tutti questi elementi, e proprio per questo rappresentano – insieme alle centrali di polizia, ai tribunali e alle carceri – uno dei luoghi lavorativi più affascinanti per chi, le storie, vuole raccontarle. Quale mezzo migliore per farlo, allora, delle serie televisive, dove si possono esplorare le vite di dottori, infermieri e pazienti per anni e anni?
Ecco, la terza, potente e intensa opera cinematografica di Petra Volpe è l’antitesi di tutto ciò. Siamo in un ospedale, sì, ma la protagonista è una sola: si chiama Floria, è un’infermiera, e tutto il film non fa altro che seguirla durante uno dei suoi turni notturni, mentre visita i vari pazienti del reparto di chirurgia. Floria cerca di assecondare i bisogni di tutti, ma il sovraffollamento e soprattutto la mancanza di personale non le rendono la vita facile e il suo lavoro assume sempre più i contorni di una corsa contro il tempo.
Ci troviamo, insomma, ben lontani dai grandi cast corali dei vari E.R. – Medici in prima linea, Grey’s Anatomy e Scrubs, e ben lontani dalla longevità di quelle storie. L’ultimo turno in confronto dura pochissimo, e il suo è un ospedale dai corridoi vuoti, dove quasi non si vede nemmeno l’ombra di un dottore, tutti impegnati in questioni più urgenti di un’anziana donna con la demenza senile o di un uomo che attende da giorni la propria diagnosi. Eppure il film mantiene – e lo fa con una scrittura sintetica, essenziale e brillante – molte delle caratteristiche del genere: ci sono i pazienti con i loro drammi, le loro difficoltà e i loro desideri, nel bene e nel male. C’è lo stress del lavoro, dell’ansia di commettere errori, e c’è ovviamente una critica alle politiche assicurative e disparità di trattamento dei malati in base alle loro disponibilità economiche.
Floria rappresenta, di tutto questo, il grande catalizzatore. Volpe non la perde mai di vista e ne cattura ogni emozione, ogni sguardo, ogni movimento, con un approccio molto realistico, dal taglio quasi documentaristico, fatto di numerosi primi piani ma anche di frequenti e brevi piani sequenza che rallentano il tempo dell’azione e, di conseguenza, aumentano gradualmente la tensione, arrivando quasi dalle parti del thriller. È un gioco di prestigio davvero magistrale: inizialmente, la calma e la freddezza con cui la cineasta (in)segue Floria si fonde con l’atteggiamento altrettanto pacato ed efficiente dell’infermiera, creando in seguito una sempre più evidente divergenza tra l’estetica del film – i movimenti minuziosi della macchina da presa, il montaggio preciso di Hansjörg Weissbrich, la fotografia cristallina di Judith Kaufmann – e l’emotività del personaggio, interpretato da una magnifica e magnetica Leonie Benesch (La sala professori), vera forza trainante di tutta l’opera. La sua performance è davvero dirompente, ed è incredibile vederla passare da momenti di straordinaria dolcezza (come quando intona una canzone per tranquillizzare una paziente) ad altri di rabbia, frustrazione e disperazione con una tale fluidità.
Con L’ultimo turno Petra Volpe ci presenta una “semplice” eroina – il titolo originale del film, Heldin, significa proprio questo – che compie l’atto più coraggioso di tutti: aiutare il prossimo un passo alla volta, giorno dopo giorno, senza perdere la speranza. (di Matteo Pasini - SentieriSelvaggi)
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