* O R A R I *

  Venerdì 17/10   Ore 21,00
     
  Sabato 18/10   Ore 21,00
     
  Domenica 19/10   Ore 17,30
     
  Martedì 21/10   Ore 21,00  in V.O.S.

 




 

 




 


Un film di
ARI ASTER

Attori: Joaquin Phoenix, Pedro Pascal
Emma Stone, Austin Butler


Usa - Commedia/Drammatico - 148'



 

Difficile pensare a un film che possa rappresentare meglio un paese sull'orlo di una crisi di nervi

L'America di Trump: tra fake news e cospirazione, un thriller che non fa prigionieri

 

SINOSSI : Eddington, il film diretto da Ari Aster, è ambientato nel maggio del 2020, in piena pandemia di Covid-19. Nella piccola cittadina di Eddington, in New Mexico, lo sceriffo Joe Cross (Joaquin Phoenix) vive con la moglie Louise (Emma Stone), una donna mentalmente instabile, e la suocera Dawn (Deidre O'Connell) complottista convinta. Quando lo Stato introduce l'obbligo di mascherina, Joe si oppone pubblicamente, sostenendo che in città il virus non è mai arrivato. Lo scontro con il sindaco Ted Garcia (Pedro Pascal), ex amante di Louise e figura politicamente opposta, si accende e diventa presto personale, oltre che politico.
Joe decide così di candidarsi a sindaco, usando la questione mascherine come piattaforma. Eddington si spacca in fazioni, mentre la tensione cresce attorno a una trattativa con una grande azienda tech e alle proteste dei giovani locali, che imitano i movimenti nazionali ma sono mossi da rancori privati. In un clima dominato dai social, tra dirette, post e messaggi virali, il confronto tra Joe e Garcia degenera. Joe, sempre più ossessionato dal passato della moglie e convinto di essere nel giusto, perde lucidità. L'escalation culmina in un episodio violento che scuote l'intera comunità...


RECENSIONE di Federico Pontiggia (Cinematografo) :
È nato prima Eddington o Trump? Scherzi a parte, ci risiamo: dopo essere stato incarnato da Sebastian Stan nella origin story The Apprentice per la regia di Ali Abbasi l’anno scorso, il 45° e 47° presidente degli Stati Uniti torna a Cannes con il quarto lungometraggio di Ari Aster, in Concorso, che ne accoglie l’ombra lunghissima, l’influenza antropologica, il contagio politico.
Dopo l’esordio Hereditary, il sopravvalutato Midsommar e il disastroso Beau ha paura,
il newyorkese classe 1986 Aster inquadra un viaggio al termine della notte americana, e chissà che dopo Anora la Palma non vada ancora Oltreoceano. Aster viene dall’horror, che da genere di riferimento qui diviene condizione di stato o, forse, Stato: fake news, polarizzazione, attivismo social, teorie cospirazioniste, sperequazione, razzismo, tutto nel frullatore, e il precipitato è cinematograficamente spassoso, moralmente inquietante, esistenzialmente da ricovero. O, meglio, da buttare la chiave.
Sguazziamo nel brodo di cultura del trumpismo
, in cui non vi è soluzione di continuità tra privato e pubblico, ma porte aperte, anche dell’obitorio: gli spari sopra sono per noi, la sparate per tutti, ché l’opinione è la regola, il sentiment la legge. Che cosa volere di più? La pandemia, ritrovata nel maggio del 2020 – sì, era in carica Trump - a Eddington, New Mexico, dove tra lo sceriffo Joaquin Phoenix e il sindaco Pedro Pascal non corre buon sangue: conflitto d’interessi, scontro di poteri, e la dabbenaggine, lato sceriffo, che si accompagna all’impunità, la scelleratezza al qualunquismo.
Si va a tastoni, senza comprendere, ma tutto annoverando, dal Black Lives Matter e Klan, dalla stolen land al privilegio – e suprematismo – bianco,
con i John Wayne ridotti a parodia, le rosse a ombre brutte, la frontiera al frontale con la realtà. E la piazza, la manifestazione chiamata in correità.
Lo sballo, il non ubi consistam è pienamente cinematografico, l’horror è esternalità negativa, l’action derubricato ad ammazzatine scomposte, la detection contagio (e non cura): Aster ci prende le misure, ci toglie le distanze, ci sprofonda in
un noir demente, fesso – più che ferro - e fuoco, dove i Coen, Lanthimos, perfino Lynch hanno qualcosa da spartire.
Nel cast Emma Stone e Austin Butler
, è la paranoia a dar le carte, a legare – il montaggio di Lucian Johnson è tanta roba – le immagini e a derubricare il western agli affari – sì, affari! – correnti: dove non finisce il trauma intimo e attecchisce la disfunzione collettiva, quando la malattia, il ciarlatanesimo in primis, diviene stato (in)civile?
Fotografia autoptica di Darius Khondji, l’ironia per sovvertimento, il nonsense per grimaldello,
Aster perfeziona il proprio talento, A24 mette fieno in cascina per l’award season e… l’America si sputa in faccia, un po’ bava, un po’ bile. E tanto Trump. Ricorderemo questo Eddington come un omicidio su commissione: del Sogno Americano.