La SINOSSI : Io Sono Ancora Qui, il film diretto da Walter Salles, si svolge a Rio de Janeiro, 1971: il Brasile vive nella morsa della dittatura militare. La famiglia Paiva vive nell'unico modo possibile per resistere al clima di oppressione che aleggia sul paese: con ironia e affetto, condividendo la quotidianità con amici e parenti. Ma un giorno, i Paiva si ritrovano vittime di un’azione violenta e arbitraria da parte del governo: Eunice (Fernanda Torres) resta d’improvviso senza suo marito Rubens (Selton Mello), sola e con cinque figli, costretta a reinventarsi per proteggere i suoi cari e disegnare un futuro diverso da quello che la società le prospetta.
La RECENSIONE : La storia di una donna che aspetta, il controcampo di tanti drammi sui desaparecidos, in cui il punto di vista si sposta su chi rimase a casa. I’m still here, il titolo internazionale, sintetizza bene qual era l’interesse del brasiliano Walter Salles nell’adattare un libro di memorie del figlio della protagonista, Marcelo Rubens Paiva. Siamo nel 1971, nel momento in cui la dittatura stringe ancora di più il controllo sul paese, mentre l’opposizione cerca di reagire e vengono rapiti alcuni diplomatici per richiedere il rilascio di prigionieri politici. A Rio de Janeiro, Eunice Paiva è madre di cinque figli, vive in una bella casa vicino alla spiaggia. Una vita agiata e amorevole, con molti amici e un impegno politico sincero ma sotterraneo.
Il cambiamento - storia comune a tante altre - arriva quando il marito viene portato via. Sempre sia vero, visto che le autorità smentiscono che sia stato arrestato. Il dramma inizia cercando di nascondere i dettagli più dolorosi ai figli, mentre anche lei scopre dagli amici che avevano costituito una sorta di rete segreta, in cui ognuno “aiutava come poteva” chi si ribellava al governo. Eunice si trova sola a scoprire un segreto non da poco conto sul marito e a gestire l’improvvisa assenza, dovendo mantenere la guida della quotidianità di una famiglia numerosa, con la più grande a Londra per ragioni di studio.
Walter Salles entra in una dimensione domestica a lui non troppo usuale, dopo averci abituato a storie muscolari e metropolitane, come Central do Brasil o I diari di una motocicletta, e custodisce con grande tenerezza questo nuovo peso insieme a una magnifica Fernanda Torres, capace di rendere la forza serena e il coraggio, nonostante tutto e nel corso dei decenni di questa donna, che come tante altre subirono una delle torture più subdole da parte delle dittature sudamericane. Quella sparizione dei propri cari che costrinse chi restò alla costante sofferenza nell’ignoto, privi di una tomba o un corpo, ma anche di ogni informazione sulla sorte reale, le torture subite o le ipotetiche accuse ipotizzate dai regimi.
Una parte importante fra le tante ferite del Brasile, che Salles sostiene non sia stata ancora affrontata a sufficienza. Un film di buona fattura che chiaramente poggia sulla base ideale di un lavoro politico e di presa d'atto morale di un caso emblematico dei tanti che il paese subì nel corso degli anni di dittatura militare. Per farlo ha scelto Fernanda Torres, la quale porta con sé un valore simbolico come interprete in molti film - tra cui Foreign Land di Salles stesso - che segnarono la rinascita del cinema brasiliano dopo gli anni oscuri, vincendo nel 1986 a Cannes come miglior attrice per Eu sei que vou te amar di Arnaldo Jabor. In un'apparizione di Eunice più anziana si vede anche Fernanda Montenegro, madre nella realtà di Torres, celebre protagonista di Central do Brasil di Salles.
Insomma, per un film così sentito, anche a livello di responsabilità personale e collettiva di fronte al passato del suo paese, il regista brasiliano ha voluto circondarsi di volti e sensibilità a lui abituali e vicine. (Mauro Donzelli - ComingSoon) |