La
SINOSSI : Il 2024 segna il
trentennale della morte di Gian Maria Volonté, uno dei
più importanti e amati attori della storia del cinema
italiano. “Volonté – L’uomo dai mille volti” ne ricorda
il percorso personale e artistico sottolineando quanto
Volonté sia ancora oggi un riferimento assoluto per i
più importanti interpreti contemporanei. Saranno loro,
insieme alla famiglia e agli amici, a raccontarne
l’unicità e l’attualità, accompagnandoci a scoprire le
tematiche che lo hanno definito nel suo cammino
artistico e militante. Il racconto è arricchito da
immagini, clip e filmati inediti.
La RECENSIONE di
Raffaella Giancristofaro
-
MyMovies :
Festival di Cannes, 1972: in via del tutto eccezionale
la giuria assegna un ex aequo a
Il caso Mattei
di
Francesco Rosi
e a
La classe operaia va
in paradiso di
Elio Petri.
Il protagonista di entrambi è
Gian Maria Volonté,
che la Croisette ha già apprezzato due anni prima, con
Indagine su un
cittadino al di sopra di ogni sospetto
di
Elio Petri.
I due film premiati a Cannes sono la conferma della
purezza di un metodo, il suo, che ha dettato una linea
inconfondibile: un approccio assolutamente immersivo nel
personaggio, non esattamente coincidente con il
method acting di
Strasberg
via Stanislavskij, in cui l'attore è coinvolto in ogni
dettaglio della rappresentazione, fino a diventare a
pieno titolo coautore del film.
Un mestiere alimentato da un'ossessione: come ben
argomenta e dimostra Volonté: l'uomo dai mille volti, il
molto completo film di Francesco Zippel, puntellato su
riferimenti d'archivio puntuali, non pedanti né scontati
e pareri critici competenti e informati, tra i quali
quelli di
Jean A. Gili,
Margarethe Von
Trotta,
Fabrizio Gifuni,
Toni Servillo,
Fabio Ferzetti
e della compagna
Angelica Ippolito.
Un lavoro ossessivo, quello di Volonté, iniziato
classicamente in una compagnia di giro e che cambia
nettamente direzione dopo lo lo sceneggiato televisivo
L'idiota
di
Giacomo Vaccari
(1959), come rileva il biografo Mirko Capozzoli. Alle
radici di quel metodo, un trascorso biografico, cioè
l'esempio nefasto del padre dell'attore, processato e
condannato a trent'anni di carcere per aver militato nel
fascismo. "Crescendo, capisce di doversi emancipare da
una biografia familiare che coincideva con la biografia
della nazione", osserva nel film
Daniele Vicari,
fondatore della pubblica Scuola d'arte cinematografica
Gian Maria Volonté di Roma.
Da quel trauma deriva anche un'iper politicizzazione del
gesto artistico, concentrata in anni di grande impegno e
partecipazione; anni in cui l'attore nato a Torino nel
1933 partecipava a Documenti su Giuseppe Pinelli di
Elio Petri
e Nelo Risi, ricostruzione della morte dell'anarchico
milanese, o filmava le lotte operaie a Roma, ripreso a
sua volta da un ammiratore, a cui si deve uno stralcio
di backstage.
Una delle cose ammirevoli del film, oltre al montaggio
avvolgente di Michele Castelli, è il suo essere
strutturato attorno alla lettura scenica che Volonté fa,
nella RAI ancora in bianco e nero, della traduzione di
Blowin' In the Wind di Bob Dylan, con una
sorpresa finale che non sveleremo, originale alternativa
alla citatissima ballata di
Sacco e Vanzetti
di
Giuliano Montaldo
(il film è dedicato a lui e alla moglie Vera Pescarolo,
recentemente scomparsi).
In parallelo, il film insegue, fin dal primo degli
interventi della figlia Giovanna Gravina Volonté
(direttrice con Fabio Canu della manifestazione "La
valigia dell'attore", che si tiene all'isola di La
Maddalena, dove Volonté è sepolto) la natura volatile,
imprendibile, estremamente libertaria dell'uomo,
insofferente all'autorità, al potere costituito - che ha
pure incarnato nell'indimenticabile über-commissario di
Indagine - così come all'autopromozione, come
traspare da un paio di imbarazzate interviste
televisive, e invece molto sensibile alle ingiustizie
sociali e alla seduzione libertaria rappresentata dalla
vita di mare.
Ecco perché il motivo tematico del vento attraversa
tutto il film, simbolo dell'emancipazione del classico
dylaniano e forza che muove la barca a vela. Volonté è
scomparso esattamente trent'anni fa sul set di
Lo sguardo di Ulisse
di
Theo Angelopoulos
ma il suo esempio cristallino è vivissimo in chiunque
ami l'arte recitativa e questo film mette voglia di
correre a scoprirne o riscoprirne la filmografia intera.
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