Regia e sceneggiatura:
David Lynch. Fotografia:
Peter Deming. Montaggio:
Mary Sweeney. Scenografia:
Jack Fisk, Peter Jamison. Musica:
Angelo Badalamenti. Interpreti:
Naomi Watts (Betty Elms/Diane Selwyn), Laura
Elena Harring (Rita/Camilla Rhodes), Jeanne
Bates (Irene), Robert Forster (detective
McKnight), Brent Briscoe (detective Domgaard),
Maya Bond (zia Ruth), Justin Theroux (Adam
Kesher), Ann Miller (Coco), Angelo
Badalamenti (Luigi Castigliane). Produzione:
Neal Edelstein, Mary Sweeney, Tony Krantz,
Michael Polaire, Alain Sarde con John
Wentworth, Joyce Eliason per Les Films Alain
Sarde, Asymmetrical Productions, Babbo Inc.,
Canal+, The Picture Factory.
Restaurato in
4K nel 2021 da StudioCanal presso il
laboratorio Fotokem/Criterion
È stato votato
miglior film del 21° secolo in un
sondaggio della BBC. È entrato nella
classifica di “Sight & Sound” dei
migliori 100 film della storia del cinema
(unico titolo degli anni Duemila insieme
a In the Mood for Love).
Mulholland
Drive in l’occasione della
scomparsa del suo grande Autore torna al
cinema in una nuova edizione 4K, per
farci immergere ancora (o per la prima
volta) nell’irresistibile immaginario di
un film letteralmente infinito,
nel mistero di una dimensione enigmatica
dove i ruoli si invertono, ogni ordine
logico è fallace, la realtà vacilla.
Mulholland
Drive è un puzzle ammaliante e
perturbante sullo sfondo di una Hollywood
fabbrica di sogni e incubi. Premiato a
Cannes e candidato agli Oscar per la miglior
regia, David Lynch conduce Naomi Watts,
Laura Harring e noi spettatori nell’oscurità
della notte e dell’ambiguità, lungo il
crinale tra reale e onirico, noir e
mélo, dramma e commedia, in un
labirinto ipnotico e avvolgente che ad ogni
nuova visione svela interpretazioni,
illuminazioni e dettagli inediti. Perché
vedere o rivedere Mulholland Drive
al cinema, nel buio della sala, è sempre una
prima volta:
un’esperienza unica, immersiva e
totalizzante.
LUNEDI 10 FEBBRAIO
(USA,
1999, 112 minuti)
Con:
Richard Farnsworth (Alvin Straight), Sissy
Spacek (Rose Straight), Harry Dean Stanton (Lyle
Straight), Jane Galloway Heitz (Dorothy),
Dan Flannery (dottor Gibbons), Everett
McGill (Tom), Kevin Farley (Harald), John
Farley (Thorvald)
Sceneggiatura:
John Roach, Mary Sweeney Direttore
della fotografia:
Freddie Francis
Scenografia:
Jack Fisk Costumi:
Patricia Norris Musiche
composte ed eseguite da
Angelo Badalamenti Montaggio:
Mary Sweeney Produttori
esecutivi:
Pierre Edelman, Mary Sweeney Prodotto
da
Mary Sweeney, Neal Edelstein per
Asymmetrical Productions, Canal+, FilmFour
Productions, Ciby 2000, Le Studio Canal+
Restaurato
in 4K nel 2023 da StudioCanal presso i
laboratori Fotokem e L’Immagine Ritrovata, a
partire dal negativo originale. Colonna
sonora rimasterizzata da Ronald Eng e David
Lynch. Restauro supervisionato da David
Lynch
Incastonato tra
due capolavori "oscuri" come Mulholland
Drive e Strade Perdute, Una
Storia Vera svetta proprio per la sua
semplicità, risultando - paradossalmente, ma
Lynch nei paradossi ci sguazza da sempre -
il suo film più sperimentale e "strano",
proprio perché il suo più classico e
"normale"(lo straight del
titolo originale - lo stesso cognome del
protagonista - che sta anche per diretto,
dritto, sincero, coerente; insomma tutto
quello che non ci saremmo mai aspettati da
Lynch).
La storia (vera,
come da titolo italiano) di Alvin Straight è
nota: quella di un anziano che decide - pur
di incontrare dopo tanti anni il fratello
malato, almeno per un'ultima volta, per
riappacificarsi con lui - di imbarcarsi in
un lungo viaggio dall'Iowa al Wisconsin, nel
cuore dell'America più rurale, 500 km a
bordo di un piccolo trattore tosaerba la cui
velocità massima è di 8 km/h.
Non ci sono
misteri in questo film, a parte uno, il più
profondo: quello dell'animo umano, della sua
fedeltà, dei suoi legami, della sua eroica e
commovente cocciutaggine che lo porta a
sfidare l'impossibile, o almeno
l'improbabile.
E il mistero
(speculare) della Natura: il viaggio di
Alvin Straight è solitario ma pieno di
incontri come un vero e proprio road
movie; quelli con l'umanità che incrocia
lungo il proprio tragitto ma più ancora
quelli con gli immensi e spettacolari
paesaggi americani, sotto cieli la cui
vastità sgomenta. Pianure assolate, tramonti
di fuoco, notti stellate: il talento
visionario di Lynch applicato non più ad
incubi e ossessioni ma al cosmo sublime ed
insondabile, come il destino umano.
Proprio per la
sua resa visiva (esaltata dal nuovo restauro
4K supervisionato dallo stesso regista) e
sonora (anche l'audio è stato rimasterizzato
per l'occasione, sempre sotto l'attenta
direzione di Lynch, per permetterci tra le
altre cose di godere appieno della
struggente ed elegiaca colonna sonora
composta da Angelo Badalamenti) Una
storia vera merita di essere visto e
rivisto su grande schermo, nel suo
cinemascope, bigger than life come
l'impresa del vecchio Alvin Straight.
LUNEDI 17 FEBBRAIO
(Strade
Perdute, USA/1997 - 134 minuti)
Restaurato in
4K da The Criterion Collection con la
supervisione di David Lynch
Soggetto e sceneggiatura:
David Lynch, Barry Gifford. Fotografia:
Peter Deming. Montaggio: Mary Sweeney.
Musica: Angelo Badalamenti. Scenografia:
Patricia Norris. Interpreti: Bill
Pullman (Fred Madison), Patricia Arquette (Renée
Madison / Alice Wakefield), Balthazar Getty
(Peter Raymond Dayton), Robert Loggia (sig.
Eddy / Dick Laurent),
Robert Blake (uomo misterioso), Natasha
Gregson Wagner (Sheila), Gary Busey (Bill
Dayton), Jack Nance (Phil), Richard Pryor (Arnie),
Michael Massee (Andy). Produzione:
Mary Sweeney, Tom Sternberg, Deepak Nayar
per CiBy 2000, Asymmetrical Productions.
Un film
noir del XXI secolo. Una vivida
descrizione di crisi d’identità parallele.
Un mondo dove il tempo è pericolosamente
fuori controllo. (David Lynch)
Telefonare a
casa propria e scoprire che a rispondere è
l’uomo che vi sta davanti in quel momento.
Ascoltare il citofono di casa e sentire la
propria voce affermare che un tizio è morto.
Cambiare personalità a metà film e vedere un
mondo che possiede lo stesso lessico ma
un'altra sintassi. Lost Highway è
tutto questo: una fuga psicogena, un viaggio
scintillante e dark lungo le
strade perdute di una dimensione
surreale e inquietante, in un mondo
governato dal mistero e dall’allucinazione,
attraversato da ogni tipo di paradosso
logico, da narrazioni che si avvitano dentro
una spirale inspiegabile, perché “qualsiasi
tipo di spiegazione si dimostrerebbe
inadeguata, poiché un film è fatto per
essere visto” (David Lynch).
LUNEDI 24 FEBBRAIO
(USA/1980
- 124 minuti)
Soggetto:
dai libri The Elephant Man and Other
Reminiscences (1923) di Frederick Treves
e The Elephant Man: A Study in Human
Dignity (1971) di Ashley Montagu.
Sceneggiatura: Christopher De Vore, Eric
Bergren, David Lynch. Fotografia:
Freddie Francis. Montaggio: Anne V.
Coates. Scenografia: Stuart Craig,
Robert Cartwright. Musica: John
Morris. Interpreti: Anthony Hopkins (Frederick
Treves), John Hurt (John Merrick), Anne
Bancroft (Mrs. Kendal), John Gielgud (Carr
Gomm), Wendy Hiller (Madre Shead), Freddie
Jones (Bytes), Michael Elphick (guardiano
notturno), Hannah Gordon (Mrs. Treves),
Helen Ryan (Princess Alex), John Standing (Fox).
Produzione: Jonathan Sanger per
Brooksfilms. DCP.
Restaurato nel
2020 da StudioCanal a partire dal negativo
originale con la supervisione di David Lynch
La storia di
John Merrick, l'uomo elefante, il freak
della Londra vittoriana proto-industriale,
deformato dalla malattia, ridotto a fenomeno
da baraccone. Un film epocale, che ha
cambiato le regole dell'horror, invertendo
le dinamiche tra 'mostro' e spettatore: chi
ha paura di chi? “Non meno ancestrale e
traumatico di Eraserhead, ibrido e
tragicomico come il suo protagonista, da una
parte trascina al pianto il grande pubblico
e dall'altra fa saettare schegge di orrido e
memorie di Tod Browning” (Roy Menarini). Il
restauro esalta il bianco e nero del grande
Freddie Francis, dando nuova forza a questa
attualissima riflessione sullo sguardo e
sull'orrore, messa in scena da uno dei
registi più visionari della storia del
cinema.