In un paesino
dell’Argentina, talmente piccolo che non servono i telefoni per
comunicare dato che tutti abitano vicini, l'ex calciatore
Fermin Perlassi e sua moglie decidono di dar
vita a una cooperativa agricola, coinvolgendo un gruppo di amici,
alcuni improbabili, e riuscendo a raccogliere un bel gruzzoletto per
comprare una struttura e cominciare la propria attività.
Ma i soldi non bastano e
allora il protagonista si rivolge a una banca per chiedere un
prestito. Il direttore gli consiglia prima di versare la somma
racimolata in un conto, così da poter dimostrare di avere le
garanzie necessarie. Sembrerebbe andare tutto nella norma almeno
finché il giorno successivo si scopre che la banca è
fallita, e con lei sono andati perduti anche tutti i risparmi.
È infatti scoppiata la crisi che colpì l’Argentina proprio a partire
dal 2001.
Oltre alla perdita
economica se ne aggiunge un’altra per il protagonista, che finisce
per chiudersi in se stesso. Una soffiata però dona a lui e agli
altri truffati la speranza di riprendersi quello che è
loro. Così da persone perbene, abituate ad agire secondo
la legge, Fermin e il suo gruppo si trasformano in “rapinatori”
improvvisati, con tutti gli imprevisti del caso.
Il grado di raffinatezza di un regista come
Sebastián Borensztein è
per intenditori e cinefili dalla buona memoria; il suo Criminali
come noi è una commedia brillante e
immediata, che qua e là sa nascondere piccoli tocchi di
gran classe. Un esempio su tutti: il film si apre con un voice over
dell'attore argentino Ricardo Darín, che racconta in sintesi come il
suo personaggio e un gruppo di amici si siano ritrovati in una
situazione paradossale.
La scena introduttiva si apre sulle note di Sul bel Danubio blu
Johann Strauss figlio, un celebre valzer associato al tradizionale
concerto di capodanno a Vienna e al suo impiego in quel capolavoro
di 2001: Odissea nello spazio, film diretto da Stanley Kubrick. Un
riferimento che non passa inosservato per chi conosce il titolo
originale della pellicola; La odisea de los giles.
È un'odissea quella raccontata da Borensztein, una di quelle che dal
particolare riesce a ritrarre il nazionale e lo storico. Il gruppo
di protagonisti di Criminali come noi viene truffato e si ritrova a
pagarne le conseguenze durante la
grande crisi economia del 2001. Sebbene rimanga sullo
sfondo, il crack economico del paese è uno dei grandi protagonisti
del film: la situazione in cui si ritrovano un gruppo di onesti
cittadini di un piccolo centro argentino di campagna è infatti
originata dall'imminente tracollo del sistema bancario argentino ed
è resa possibile dal divario informativo che esiste tra i
risparmiatori e il dirigente del loro istituto finanziario.
Il film racconta con grande humour il
tentativo di rivalsa degli
stessi, ma è difficile non notare come la storia (ispirata dal
romanzo La noche de la Usina di Eduardo Sacheri) si presti ad essere
una grande metafora. Di certo il pubblico argentino l'ha vissuta
come tale e forse anche come esperienza catartica: il film in patria
è infatti tra i più visti del 2019.
Criminali come noi però è un racconto che ha molto da dire anche in
Italia. Un po' perché il nostro popolo è noto per la sua
scarsa alfabetizzazione finanziaria,
che lo espone a truffe e raggiri come quello raccontato nel film. Un
po' perché pellicole incentrate su uomini onesti costretti a
comportarsi da criminali per ottenere giustizia sono il pane
quotidiano del cinema italiano; non è poi così azzardato dire che
Criminali come noi sia lo Smetto quando voglio argentino.
Soprattutto perché purtroppo in Italia ci sono pochissimi registi
che credono in questo approccio tipicamente sudamericano alla Storia
e al suo racconto.
Eppure pellicole brillanti come Criminali come noi provano quanto -
piuttosto che infliggere una minuziosa ma pesante ricostruzione
storica di taglio drammatico al pubblico - un'altra via è possibile:
quella del film brillante che nasconde in sé una critica anche
feroce della storia recente di una nazione. Vedendo il nuovo film di
Sebastián Borensztein non ho potuto che pensare a L'angelo del
crimine di Luis Ortega; un altro film argentino di genere (in questo
caso siamo a cavallo tra crime e noir) che attraverso il racconto
delle azioni di un giovane serial killer ritraeva il potere
coercitivo e corrotto nell'Argentina degli anni '70.
Questo approccio laterale è molto
amato tra i cineasti sudamericani; per esempio il grande
regista cileno Pablo Larraín lo ha adottato per raccontare il Cile
di Pinochet con la sua trilogia della dittatura.
Criminali come noi fa ridere, ma di quel riso che al contempo
stringe il cuore. Non c'è pietismo da parte di Sebastián Borensztein,
che anzi mette da subito sul banco d'accusa i suoi protagonisti. La
voce fuori campo di Ricardo Darín - sempre più l'attore argentino
per antonomasia - stabilisce che quanto viene narrato è stato
possibile perché lui e i suoi concittadini
sono dei tonti. Tonti,
ignavi, ingenui; sognatori che scelgono il momento peggiore
possibile per trasformare i loro desideri in realtà.
L'idea è quella di trasformare un vecchio sito di stoccaggio del
grano abbandonato da tempo in una nuova attività fiorente,
rimettendolo a nuovo e dando lavoro con una cooperativa a tanti
abitanti della zona. Questo sogno solidale e utopico s'infrange non
per mancanza di prospettiva o buona volontà. I protagonisti infatti
riescono a mettere insieme il capitale necessario, bussando alle
porte dei concittadini e mettendo insieme
un improbabile gruppo di soci:
il peronista e l'anarchico, i tonti (per davvero) del villaggio, il
matto amante degli esplosivi, l'abusivo impenitente, la piccola
imprenditrice locale, l'antipatico e avido.
Il gruppo però non ha fatto i conti con il banchiere di città, che
esorta il protagonista a depositare i dollari americani raccolti e
conservati in una scatola per scarpe dentro una cassetta di
sicurezza sul conto corrente, poche ore prima del tracollo. Grazie a
un prestito per orchestrato e a qualche chiamata ai suoi sprovveduti
correntisti, il banchiere in combutta con l'avvocato riescono a
svuotare la filiare di tutta la valuta straniera (quindi sicura)
proprio poche ore prima dell'entrata
in vigore del Corralito, il limite al prelievo di contanti
imposto con una legge d'emergenza in tutta la nazione per evitare la
fuga dei capitali durante il deprezzamento della valuta locale.
Il caso (o per meglio dire lo sistematico sfruttamento degli ultimi)
permette al gruppo di truffati di scoprire dove l'avvocato nasconda
il denaro contante. Dato che la situazione economica rende
impossibile fidarsi delle banche, l'uomo ha creato un
piccolo bunker nel mezzo
di un pascolo per le vacche di sua proprietà, dotando il rifugio di
un sofisticato sistema d'allarme.
Mentre la crisi impazza e il lavoro scarseggia, il gruppo di
truffati metterà a punto un complesso piano per rientrare in
possesso del denaro perduto.
Quello di Sebastián Borensztein è un film ben scritto e diretto, la
cui comicità nasce dalla scarsa
dimestichezza col crimine dei suoi protagonisti, ma anche
dal confronto tra personaggi dalle mentalità molto differenti, uniti
dalla truffa subita. C'è un certo grado di fallacità e artigianalità
nella loro rivalsa che rende Criminali come noi una visione
divertente e incalzante fino alla fine, senza strafare. Al regista e
sceneggiatore bastano un paio di battute amare per stabilire la
differenza tra il noi e il loro,
chi subisce la crisi e chi l'ha causata e ne ha persino
approfittato per fregare un'altra volta gli onesti: 'Il senso di
colpa è per i tonti come noi. I ricchi vivono senza rimorsi.'
Il finale del film racconterà una verità un po' diversa: tutto
sommato chi è tonto - termine intercambiabile con onesto e fiducioso
per lunghi tratti del film - rimane alla mercé di chi non esita a
passare sopra agli altri per afferrare la propria fetta di
benessere. In Criminali come noi confliggono
due modi diversi di produrre
ricchezza: quello comunitario e cooperativo, laborioso ed
esposto ai rovesci del caso, e quello personalistico, che viene
ottenuto ai danni dell'altro.
Non è il film più rivoluzionario che vedrete questa settimana, ma
dimostra ancora una volta come il cinema sudamericano sforni un
numero impressionante di pellicole di alto livello (e davvero
godibili) spesso trascurate dal pubblico, pur non avendo nulla da
invidiare o distanziando di qualche spanna le omologhe statunitensi.
Mettete un pizzico di Soderbergh, l'atmosfera da baretto di paese di
Stefano Benni e un po' di commedia italiana, mescolate bene e avrete
Criminali come noi, uno dei migliori film attualmente disponibili.
(Elisa Giudici - www.nospoiler.it)
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