Bhutan 2006. Il re
rinuncia a parte dei suoi poteri decidendo di
indire per la prima volta elezioni democratiche.
Alcuni funzionari statali vengono mandati nei
villaggi per spiegare direttamente le dinamiche
elettorali. In uno di essi un Lama decide di
dotarsi di almeno un fucile per 'mettere le cose
a posto'...
Al suo
secondo film Pawo Choyning Dorji affronta le
tematiche legate al suo popolo con uno stile
diverso rispetto a
Lunana - Il villaggio alla
fine del mondo.
Dopo aver affrontato, con uno stile
semi-documentaristico, i temi legati
all'educazione e al mondo rurale il regista
torna ad occuparsi della propria terra volgendo
lo sguardo ad un passato prossimo e ad un evento
che hanno avuto un grande significato sia sul
piano politico che su quello sociale. Perché le
elezioni, concesse da una monarchia che ha
deciso di diventare costituzionale con le due
elezioni per le due Camere nel dicembre 2007 e
nel marzo 2008, hanno costituito davvero un
cambiamento per molti inimmaginabile.
Dal punto di vista occidentale un corpo
elettorale formato da unità familiari e non da
individui non può costituire un esempio di
democrazia completamente attuata ma il film
riesce ad offrire, con semplicità ma anche con
sguardo acuto, la lettura di quali fossero le
aspettative della monarchia e quanta confusione
regnasse tra i sudditi. La necessità di dover
organizzare una simulazione della tornata
elettorale offre l'occasione per creare un clima
da commedia in cui gli inviati del governo
inventano tre partiti utilizzando delle
ripartizioni generiche ma, soprattutto, dei
colori. Con le conseguenze che si potranno
apprezzare.
C'è poi, a fare da fil rouge, la richiesta del
Lama locale di poter avere delle armi con lo
scopo dichiarato di mettere le cose a posto.
L'ambiguità voluta dell'enunciato consente di
creare un'aspettativa che opera su punti di
vista e/o pregiudizi di chi guarda nei confronti
di una forma di spiritualità che, come Dorji
ricorda, nelle campagne più che nelle città
costituisce ancora uno stile di vita in cui i
monaci sono visti come l'incarnazione degli
insegnamenti del Buddha e pertanto vengono
venerati e rispettati.
La presenza dell'americano, collezionista ma
anche trafficante d'armi, offre l'occasione per
mettere a confronto due mondi che si trovano
agli antipodi. Nell'uno è ancora viva una forma
di innocenza che il film mette in rilievo
dandole la giusta dimensione senza mai
ridicolizzarla (anche quando altri ne avrebbero
magari colto l'opportunità). Nell'altro
un'avidità malcelata. Un popolo che, mentre il
mondo entrava nella galassia digitale, sceglieva
di non introdurre né i telefoni cellulari né
internet per salvaguardare il proprio stile di
vita potrebbe essere rappresentato con modalità
quasi favolistiche, come il titolo italiano
sembrerebbe suggerire. Non è quello che accade
qui. Ci viene semmai chiesto di interrogarci,
senza che nessuno pretenda di farci la morale,
su scelte e valori molto differenti dai nostri.
(Giancarlo Zappoli MyMovies)
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