*
'The
Farewell'
potrebbe
essere
da
Oscar
MyMovies
*
È la
vera
sorpresa
del
2019,
non
potete
perdervelo
!
Bonculture
*
Un
piccolo
grande
film,
che
racconta
il
contrasto
fra
due
culture
in
modo
intelligente,
sensibile
e
delicato,
ponendo
al
centro
le
contraddizioni
che
esistono
all'interno
di
ogni
famiglia.
Si
ride
e si
piange,
e
alla
fine,
nonostante
le
implicazioni
del
titolo,
non
si
ha
voglia
di
dire
addio
...
MoviePlayer
*
Con
The
Farewell
–
Una
bugia
buona
la
sceneggiatrice/regista
Lulu
Wang
ha
creato
un'intima
celebrazione
del
ruolo
che
ognuno
di
noi
ha
nella
famiglia
e,
insieme,
del
modo
in
cui
la
viviamo
nel
profondo,
intrecciando
con
maestria
il
ritratto
garbatamente
ironico
della
bugia
in
azione
e il
racconto
toccante
di
ciò
che
nella
famiglia
può
unirci
e
renderci
più
forti,
spesso
a
dispetto
di
noi
stessi.
MovieTele
Trama : Billi Wang è nata a Pechino ma vive a New York da quando aveva sei anni. Il suo contatto sentimentale con la Cina è Nai Nai, la sua vecchia nonna, ancorata alle tradizioni e alla famiglia. Salda e praticamente indistruttibile, a Nai Nai viene diagnosticato un cancro. La famiglia decide di nasconderle la verità e di trascorrere con lei gli ultimi mesi che le restano da vivere. Figli e nipoti, traslocati negli anni in America e in Giappone, rientrano in Cina per riabbracciarla e per 'improvvisare' un matrimonio che allontani qualsiasi sospetto. Risoluti e uniti nella bugia, trovano in Billi una resistenza. Inconcludente nella vita e insoddisfatta della vita, Billi vorrebbe liberarsi dell'angoscia e rivelare alla nonna la prognosi infausta. Tra oriente e occidente, troverà una sintesi tra due culture e due condotte etiche.
Un'aria 'familiare', il ritorno di una cultura rimossa (nelle forme di una famiglia amata) che produce un quieto terremoto e lascia dietro di sé un nuovo e fertile squilibrio. Conciliata commedia di confronto etnico, The Farewell - Una bugia buona muove dall'America verso la Cina, riscaldando il folclore in un viaggio verso le origini. La diaspora della famiglia Wang, divisa tra Stati Uniti e Giappone, rientra e stringe i suoi 'esuli' al capezzale di una nonna malata. Ed è il protocollo etico-normativo 'della cura', basato in Cina sul "principio della beneficialità" (nell'interesse del paziente in certe circostanze è meglio tacere la verità), il nodo da sciogliere di un racconto che assume in pieno il modello della commedia familiare con la circolazione sentimentale tra i personaggi e il disegno delle loro vite private.
Ed è qui che si gioca la novità, l'audacia e la singolare tenerezza di The Farewell, una commedia sorprendente non per il soggetto ma per il tono. Se lo sfondo dell'incontro-scontro tra culture è sovente il disagio, Lulu Wang sceglie la serenità risolta ma non semplificata del rapporto tra prole espatriata e matriarca 'radicata', che ha accettato il destino (straniero) dei propri figli ma non transige sulla Tradizione.
Lontano dal dramma quanto dalla parodia, The Farewell è una scelta di campo che pesca nella biografia dell'autrice e afferma un nuovo discorso. Il suo punto di osservazione e di ascolto è Billie, quello di attrazione è Nai Nai, ex combattente che chissà quante cose ha visto accadere, che ha capito quasi certamente tutto prima degli altri e prima degli altri ha accettato.
Lulu Wang non manca il banchetto di nozze con le sue ricadute umoristiche e il suo svolgimento chiassoso e lievemente degradato. Ma è la malattia, la fragilità del congiunto, l'opportunità (o no) di sapere o di 'forzarlo' all'informazione, l'architrave solido ma mai ingombrante di una costruzione che sa dare rilievo ai pensieri e alle azioni di ogni personaggio. Nel percorso formativo che conduce Billi dall'America alla Cina e ritorno, la ragazza si scoprirà finalmente pronta alla vita, incarnando nel grido (di forza e intenzione) di un'arte marziale interiore tutta lo splendore della confusione etnica e della commistione di generazioni e costumi. Perché non c'è riscatto e nemmeno 'guarigione' in un orizzonte culturalmente univoco. Sono le dinamiche e le collisioni di una società aperta a produrre esiti (e film) decisamente felici. (MyMovies)
Vedi il film. Semplice, delicato, comico. Poi leggi un po’, e scopri che la regista, Lulu Wang, questa storia l’ha vissuta per davvero, quasi identica. A sua nonna, che viveva a Changchun, nel Nord Est della Cina, era stata diagnosticata una malattia poco clemente. Tutta la famiglia aveva deciso di nasconderle la diagnosi. E di organizzare un banchetto di nozze di due giovani parenti, come pretesto affinché ognuno potesse tornare lì, e salutare la matriarca. La storia vera di una bugia. Che Lulu Wang trasforma in un film che ha la sua forza nella semplicità del racconto. Racconta come se non ci fosse niente da nascondere, se non quella bugia attorno a cui è costruito tutto il film. Come se non ci fossero inquadrature vertiginose, ad effetto, da esibire: quasi tutte le inquadrature sono fisse, il loro ritmo mantenuto quieto. The Farewell sembra il film di un maestro orientale, versante giapponese però: Yasujiro Ozu.
La storia è genuina, accattivante nella propria semplicità, mai volgare (e non è scontato nel panorama cinematografico attuale), ma soprattutto la trama in sé lascia qualcosa a chi guarda; sia essa una riflessione sull’importanza della famiglia e degli affetti, sia pure un vedere il “dire una bugia” diversamente dal luogo comune. La fotografia rispecchia lo stile del film presentandosi pulita ma fredda nei toni, in contrapposizione, di fatto, al focolare domestico attorno a cui si sviluppa. Ma un’ulteriore chiave vincente sono le interpretazioni dell’intero cast, dal primo all’ultimo attore. Restituiscono la vicenda con una naturalezza tale da sembrare quasi loro, in prima persona, i veri coinvolti. Quello di Lulu Wang è un progetto che regala qualcosa di concreto a cui pensare una volta conclusa la proiezione. Al RomaFF 14 non è detta sia tra i vincenti, principalmente per l’enorme concorrenza che fanno altri esperimenti – forse ben più attesi e sicuramente più pubblicizzati. Ma The Farewell non ha nulla da temere, perché agli Oscar 2020 è già stato fatto il suo nome.