Argentina, 1985 è ispirato
alla vera storia dei procuratori
Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo,
che nel 1985 osarono indagare e
perseguire i responsabili della fase
più sanguinosa della dittatura
militare argentina. Senza lasciarsi
intimidire dall'ancora notevole
influenza che l'esercito aveva sulla
loro fragile, nuova democrazia,
Strassera e Moreno Ocampo formarono
un giovane team legale di
improbabili eroi per ingaggiare la
loro battaglia di Davide contro
Golia. Costantemente minacciati,
insieme alle loro famiglie,
lottarono contro il tempo per dare
giustizia alle vittime della giunta
militare.
Una dittatura
"feroce, clandestina e vigliacca" ha
governato l'Argentina dal 1977 al
1983, spargendo sangue e terrore. La
fragile democrazia che ne è seguita,
se voleva rimanere tale, doveva
processare le "juntas" militari, per
rendere giustizia alle vittime e al
paese intero. Per la prima volta
nella storia, il compito di mandare
in prigione le alte sfere
dell'esercito toccava ad un
tribunale civile, e ad una persona
in particolare: il pubblico
ministero Julio Strassera.
Santiago Mitre
racconta l'impresa di un funzionario
chiamato ad essere eroe: la corsa
contro il tempo, la resistenze, le
minacce, la famiglia, le amicizie
vecchie e nuove che si sono rivelate
fondamentali per la straordinaria
battaglia di Davide contro Golia. E
lo fa rifiutando il registro unico
drammatico, consapevole che i fatti
parlano da soli, e che il sorriso,
che spesso il film induce nello
spettatore, è parte fondamentale del
ritratto umano che lui e Darin
portano con forza sullo schermo.
Mitre racconta un
dolore che l'Argentina ricorda
ancora bene, ripercorrendone il
processo (non è un gioco di parole):
dallo scetticismo iniziale dei più,
quando non fu negazione, all'effetto
che ebbero le testimonianze delle
vittime e dei loro famigliari
trasmesse in televisione. Riportando
il racconto al presente, perché
questo è ciò che fa per sua natura,
e cioè ri-presentandolo, il cinema
agisce in qualche modo sulla
memoria, contribuendo alla sua
ridefinizione collettiva. Va da sé,
dunque, l'importanza contenutistica
della narrazione operata
dall'autore, che non a caso ha
girato negli stessi luoghi delle
vicende rievocate, e inseguito
talvolta una mimesi visiva, mai
decorativa ma sempre emotiva, che
gli ha permesso di seminare il
materiale di repertorio nel corpo
del film con misura ed efficacia. Ma
l'interesse del racconto non esula
affatto dal mezzo che lo ospita,
tanto che sarebbe superficiale
etichettare Argentina, 1985 come un prodotto classico,
saldamente radicato nel genere
processuale, nel quale la
performance di Ricardo Darin
cattura, ripaga ed esaurisce la
maggior parte dell'attenzione. Mitte
fa molto di più che raccontare un
processo per mezzo del cinema: nel
frattempo, infatti, racconta il
cinema attraverso il processo; la
sua natura di gioco di squadra, le
fasi del suo farsi, il tempo
contato, le consultazioni continue,
i dubbi, le illuminazioni fortuite
che fanno parte del percorso di
ideazione e realizzazione di un
film. E infine la
responsabilità che fa capo al
regista, sul quale ricadranno
inevitabilmente i meriti o le colpe
del pubblico verdetto. Se tutto
questo rimane sotterraneo per gran
parte del film (ma certamente non
involontario), esce però allo
scoperto nella sequenza della
scrittura dell'arringa, nella quale
Darin/Strassera deve mettere a fuoco
la sua visione e, nel farlo,
coinvolge le figure più importanti
della sua vita pubblica e privata,
dal suo aiuto/assistente, all'amico
teatrante, dal vecchio mentore al
figlio piccolo. Il risultato è un
discorso che porta una sola firma ma
il contributo di tutti.
|