Al Festa del Cinema di Roma  la sorpresa di è Renée Zellweger. La sua interpretazione in Judy di Rupert Goold risuonava come leggendaria ancor prima dell’anteprima del film. E in questo caso, non si trattava solo di publicity né rumors a buon mercato.  Quella operata da Renée Zellweger è un’autentica trasfigurazione in Judy Garland: star bambina de Il mago di Oz (1939), destinata a una parabola tragica, ed una tra le storie più controverse e tristi negli annali di Hollywood.
Se Renée Zellweger si presenta come grande favorita all’Oscar, anche il lavoro del regista Rupert Goold merita una decisa nota di merito. Judy poteva essere facilmente un melodramma a tinte forti, o nella migliore delle ipotesi, un biopic dalla struttura oltremodo convenzionale. Al contrario, è un film costruito con grazia, onestà e profondo rispetto. Un’opera che non trascende i toni, ma sceglie di trattare la sua protagonista con amore.  Per altro, qualsiasi sceneggiatura sarebbe stata illuminata dall’incredibile processo di trasformazione di Renée Zellweger in Judy Garland. La vera sorpresa è che questa incredibile performance non si limiti a giocare sul crinale dell’emozione, delle lacrime, esasperando i punti più oscuri di un dramma umano e professionale, che si è consumato costantemente sotto le luci della ribalta. Il biopic Judy si concentra essenzialmente sul 1969, l’ultimo anni di vita di Judy Garland, al secolo Frances Ethel Gumm. Judy aveva 47 anni quando morì sola nella sua abitazione londinese.  In base alle dichiarazioni del coroner, causa della morte era l’abuso prolungato di barbiturici. Ma da quelle stesse valutazioni mediche, risulta che Judy sarebbe comunque deceduta a breve per cirrosi epatica.  Le date al Talk in Town di Londra rappresentavano l’estremo, fallimentare tentativo di rilanciare un’immagine e una carriera ormai irrimediabilmente compromesse.  Il film racconta allora Judy Garland dal set de Il mago di Oz a quell’ultimo tour inglese, accettato solo per saldare i propri debiti e non perdere la custodia dei figli.  Come ci ha raccontato il regista Rupert Goold nella conferenza stampa di Roma, l’attenzione morbosa che circondava Judy era di per sé inquietante. I concerti erano costantemente sold-out, ma stampa e pubblico erano scarsamente interessati alla musica.  Le sue performance erano più famigerate che celebri: Judy Garland era ormai l’ex stella del cinema alcoolizzata, rissosa, capace di regalare ancora delle performance strabilianti, ma anche cadere sul palco, dimenticare le canzoni, o magari ingaggiare con la platea una guerra di insulti.  Si tratta chiaramente di una storia che poteva essere raccontata solo per eccessi: alcool, psicofarmaci, avventure varie ed eventuali. Rupert Goold e Renée Zellweger hanno scelto invece di spezzarci il cuore con un biopic onesto, autentico.  Si tratta di una storia vera, e allo stesso tempo una storia di spettacolo: uno dei capitoli più sconvolgenti negli anni d’oro della MGM e le grandi major di Hollywood.  Per questo, il film resta un’opera cinematografica, che non esclude licenze poetiche e digressioni di pura fantasia. Ma è nella sua essenza che Judy sceglie di essere un film fondato su dignità e rispetto: senza indulgere nella melassa, senza scivolare mai nel patetismo, Judy racconta una tragica parola discendente, ma anche una donna che ha saputo sempre cadere e rialzarsi, conservando coraggio, determinazione, fascino e simpatia irresistibili.  Ogni più piccola sfumatura nella debordante, contraddittoria personalità dell’incontenibile Judy Garland è stata fotografata e riprodotta dal regista e Renée Zellweger.  La sua interpretazione è attenta ad ogni dettaglio: espressioni, ossessioni, perfino la sua inconfondibile postura, che era legata in realtà a gravissimi problemi fisici.  Ma il dato più sconvolgente che scopriremo grazie al biopic Judy, è come una ragazzina appena adolescente sia diventata una stella.  O meglio: come sia stata comprata, minata e distrutta dal magico mondo dello spettacolo.  Il film di Rupert Goold è anche un efficace atto d’accusa nei confronti di Hollywood, o meglio, un invito considerare la realtà che si nasconde dietro le apparenze più glamour.  Se Brett Easton Ellis o Martin Scorsese ci hanno ricordato la brutalità delle major americane, abituate a privare gli autori di ogni genere di libertà artistica, la vera storia di Judy Garland ci ricorda come lo star-system possa essere disumano. Come possa fagocitare e distruggere non solo grandi opere cinematografiche, ma persone in carne e ossa.  Il lato oscuro della Golden Age di Hollywood è il vero co-protagonista del biopic Judy. Che conosciate o no la tragica storia di Judy Garland, o di sua figlia Liza Minnelli, che replicherà la sua stessa parabola discendente, Judy resta un eccellente film drammatico, capace di innescare emozioni profonde e profonde riflessioni.  Ultima nota a margine: se avete amato A Star is Born, Judy Garland era proprio la protagonista del film È nata una stella, firmato da George Cukor nel 1954. E non poteva esserci interprete migliore di una ragazzina dalla voce prodigiosa, ma che nella vita reale ha conosciuto ogni sorta di vessazione a causa del peso, la statura, perfino le caviglie o i denti, ed è stata introdotta all’uso di anfetamine e sonniferi proprio dai rappresentanti della MGM.  Per quanto si tratti di una storia vera, non vi riveleremo oltre su questo commovente omaggio a una strana stella da non dimenticare. Judy uscirà nelle nostre sale il 30 Gennaio 2020.   Non perdetelo.   (La Scimmia Pensa)