Trama :
La vita del
leggendario ballerino Rudolf Nureyev, dell'infanzia
sofferta nella gelida città sovietica di Ufa, fino a
divenire ballerino nella scuola che ha frequentato a
Leningrado. Incontenibile e ribelle, a soli 22 anni
fa parte della rinomata Kirov Ballet Company, con la
quale va a Parigi nel 1961, nel suo primo viaggio al
di fuori dell'Unione Sovietica. Gli ufficiali del
KGB, però, lo marcano stretto, diffidando
enormemente del suo comportamento anticonformista e
della sua amicizia con la giovane parigina Clara
Saint. Le intemperanze avranno conseguenze
drammatiche, il ballerino non potrà andare a Londra
con la compagnia e dovrà essere immediatamente
rimpatriato. I "superiori" di Nureyev gli comunicano
che deve assolutamente tornare in Patria per
esibirsi al Cremlino ma lui comprende che sta
pagando caro il prezzo della sua libertà nella
capitale parigina
...
E’ un
esteta,
Ralph Fiennes,
un amante della bellezza fatta arte, dei romanzi e
delle poesie, della Russia con la sua letteratura
dei racconti dei bassifondi e della sua malinconia
come condizione dell'anima, e del balletto, di
Rudolf Nureyev
in particolare, tenuto d'occhio da oltre 20 anni e
avvicinato grazie al monumentale libro biografico di
Julie Kavanagh.
A guardare la fotografia sulla sua copertina,
risulta immediatamente evidente la somiglianza fra
il grande danzatore di Ufa morto nel 1993 e
Oleg Ivenko,
il ballerino ucraino scelto come protagonista del
film e preferito a una qualsiasi vedette che avrebbe
messo in secondo piano il personaggio, che bussava
alle porte dell'immaginazione dell'attore-regista
ansioso di essere mostrato nel suo talento ma anche
nel suo egocentrismo, nel suo carattere dispotico,
nella sua assoluta consapevolezza di essere uno che
avrebbe lasciato il segno, come più o meno disse ad
alta voce guardando
"La zattera della Medusa" di
Théodore Géricault
in una delle gallerie del Louvre.
E "il tartaro danzante" Nureyev
- The White Crow
lo racconta
effettivamente in maniera, se non inedita, comunque
particolare, seppure non distaccandosi troppo dal
classico biopic, ma questa ossessione di
Fiennes
per l'io più segreto della sua creatura, per il
dietro le quinte, l'off-stage, se da un lato è uno
dei pregi della sua terza regia, dall'altro ne
"limita" in qualche modo la potenza, almeno nella
prima parte. Il suo
Nureyev sfiora spesso il sublime -
soprattutto nelle sequenze in colori accesi e
brillanti che rammentano i vecchi film in
technicolor e che lo mostrano volteggiare sicuro -
ma non lo raggiunge mai pienamente.
Le sue piroette e i
suoi salti conquistano, certo,
ma non ipnotizzano,
forse perché il tempo che il ballerino trascorre sul
palco non è abbastanza e perché in gioco, in una
narrazione lunga 2 ore, ci sono tanti altri
elementi, forse troppi, a cominciare dalla
formazione e da una storia familiare che lo porterà
a sacrificare gli affetti in nome della
realizzazione personale.
Con la sua macchina da presa,
Ralph Fiennes
omette poco o niente. Accenna all'infanzia
povera e infelice di
Nureyev,
scegliendo una fotografia ai limiti del desaturato,
e si sofferma, forse eccessivamente, sugli anni di
apprendistato nella Leningrado degli anni '40,
quando Rudolf è
un ragazzo ribelle che non si sottomette alle regole
e cerca di ridare dignità al ruolo del ballerino
maschio. Poi il regista passa alla tournée parigina
del Kirov Ballet e si immerge nel caos sfavillante e
nella vitalità della Parigi dei jazz club e dei
lungosenna, bagnandola di una tinta color crema che
crea un bel contrasto con gli occhi azzurri del
ragazzo prodigio e con il suo sguardo ammirato e
insieme sfrontato.
Ci sono altri occhi azzurri nel film: sono quelli di
Fiennes stesso nel ruolo del maestro di danza
Alexander Pushkin, che poi è lo sguardo di
The White Crow,
che oppone il vecchio al nuovo, la rigidità
all'apertura mentale, la conservazione dello status
quo alla ribellione. A differenza di quanto accaduto
in Coriolanus
e The Invisible
Woman,
l'attore inglese sceglie con intelligenza di
interpretare proprio questo ruolo, che testimonia
del suo amore per il genio e del suo desiderio di
inchinarsi ad esso, di fare un passetto
all'indietro, di mantenersi umile nonostante la
regia raffinata, di rivendicare un
approccio classico che però nel gran finale
sorprende, eccome se sorprende.
Nureyev - The White Crow, nell'ultima
mezz'ora, incentrata sulla richiesta di asilo
politico all'aeroporto di Le Bourget e girata quasi
in tempo reale,
sembra un altro film e ha l'efficacia e la tensione
di un thriller politico alla Argo.
La macchina da
presa scalpita, si incolla ai visi dei protagonisti,
gioca con i minuti e i secondi, e anche se
sappiamo come sono andate le cose, restiamo col
fiato sospeso, mentre gli attori secondari, per
esempio
Adèle Exachopulous,
fanno egregiamente il loro lavoro e la
determinazione di
Rudolf Nureyev vince sull'amore per la
madre patria.
E’ un'opera interessante
Nureyev - The White
Crow,
l'ennesima dimostrazione di un'intelligenza vivace e
della voglia di fare un cinema che magari non osa,
ma che rispetta profondamente ciò di cui parla.
(Recensione di ComingSoon) |