Dopo la parentesi di
Tre piani (2019), unico film tratto da un soggetto
non originale, ritorna il Moretti più puro e
genuino con una pellicola nostalgica che costituisce un
atto d’amore per il cinema. Un film nel film
ricco di riferimenti metacinematografici che risente
l’influenza del Maestro Fellini a partire dalle
atmosfere circensi. Ma Il Sol dell’avvenire è
molto di più: potrebbe sembrare una commedia ma in
realtà lascia quell’amaro in bocca e quella
rassegnazione nostalgica tipica del dramma. Un Moretti
che attraverso il suo alter ego Giovanni ritorna al
moralismo e al sarcasmo del suo periodo d’oro e che,
insieme ad un’intrinseca malinconia ci trasmette un
messaggio di speranza che vale la
pena vedere.
Giovanni (Nanni Moretti) è un
regista che gira un film ogni cinque anni ed è pronto a
dirigere una nuova pellicola sugli eventi del
1956. La pellicola sarà prodotta
dalla moglie Paola (Margherita Buy),
alle prese però anche con un action movie, e musicata
dalla figlia Emma (Valentina Romani).
I protagonisti del film di Giovanni sono un giornalista
de L’Unità, Silvio Orlando,
felice di interpretare un personaggio che poi si
impiccherà, e una sarta interpretata da
Barbara Bobulova che modifica la
sceneggiatura rendendo il film di Giovanni quasi una
love story.
Ma Giovanni vuole girare un’opera sul periodo in cui
l’Unione Sovietica invade l’Ungheria (trama che appare
anche attuale) mentre il PCI chiede una reazione da
parte di
Togliatti
e mentre, ad animare un quartiere popolare romano,
arriva un circo ungherese. Ma l’entusiasmo
per questo film va pian piano scemando e il
regista è costretto a trattare ora con Netflix ora con
degli sceneggiatori coreani pur di salvare il suo film.
Il Sol dell’avvenire è un tripudio di
citazioni e rimandi cinematografici.
Giovanni prima di girare il film deve vedere
Lola di Jacques Demy in
compagnia della moglie e della figlia, cita
Apocalypse Now di Francis Ford
Coppola per proporre un esempio esemplare di film in cui
la violenza non è fine a se stessa e parla di Anthony
Hopkins che in The Father
non indossa le ciabatte, a rimarcare il suo disappunto,
tipicamente morettiano, nei confronti dei sabot.
Ma le citazioni più belle rimangono quelle felliniane,
dalla sequenza finale de La dolce vita vista al
cinema al circo che arriva a Roma. Innegabile è poi il
rimando a 8 1/2 non
solo con la parata finale ma anche e soprattutto con il
filo conduttore de Il Sol dell’avvenire.
Giovanni è molto simile al Guido Anselmi di
Marcello Mastroianni, un regista in preda ad
una crisi esistenziale dettata dall’inaridimento
cinematografico. Alla fine entrambi sembrano però
ritrovare quell’equilibrio interiore e quella speranza
che sembravano scomparsi.
La musica, sempre stata colonna portante dei film di
Nanni Moretti, ne Il Sol dell’avvenire torna a
svolgere un ruolo da protagonista inserendosi, quasi in
maniera irruente, nel corso del film. Ecco che si
vengono a creare delle sequenze corali in cui il film
sembra rimanere paralizzato in un’altra dimensione,
mentre i personaggi cantano e ballano, come se si
trovassero in un musical, Franco Battiato,
Noemi, De Andrè…
Il Sol dell’avvenire è anche un film di denuncia,
non solo
politica
nei confronti di quel periodo in cui la sinistra
italiana era ancora troppo attaccata all’Unione
sovietica, ma anche cinematografica. In un esilarante
colloquio tra Giovanni, Paola e i vertici Netflix,
emerge quell’amaro disprezzo nei confronti
di un cinema che si rifugia sempre più nelle piattaforme
streaming e che ha bisogno di coinvolgere lo
spettatore già dai primi due minuti di visione.
Ma Giovanni e Nanni si scagliano anche
contro tutti quei film di violenza che non
poggiano su una trama solida ma soltanto su sequenze di
una crudezza fine a se stessa,
proprio come il poliziesco che sta producendo la moglie
Paola. In ciò si intravede quella sfiducia che traspare
dal volto sconfitto di Giovanni, ma che poi si tramuterà
in speranza sul finale di questa preziosa
pellicola.
Il Sol dell'avvenire è una preziosa pellicola in cui
ritorna il Moretti originario e puro insieme a tutto ciò
che è tipicamente morettiano. Nonostante le scene
comiche, la pellicola rivela tutto il dramma e lo
sconforto del regista di fronte ai recenti sviluppi del
cinema. I rimandi ad altri film sono frequenti;
innegabile è l'influenza di Fellini e del suo 8 1/2.
Un'opera contemporaneamente ironica e nostalgica che
trasmette un messaggio di speranza. (Hinerd.it) |