Lunedì 26 Novembre
ANTEPRIMA del film
"COLD WAR"
di Pawel Pawlikowski

Versione Originale Sottotitolata in Italiano





Sullo sfondo della guerra fredda,
passione e sentimento si intrecciano
disegnando un'intensa e indimenticabile
Storia d'Amore

Osannato da Pubblico e Critica !!!
Il film più bello del Festival di Cannes


La Recensione di MoviePlayer

La Recensione di Cinematografo

La Recensione di CineBlog

Quello che aveva colpito in quel gioiello di Ida, poi vincitore dell’oscar, era il ritmo imposto dal suo autore, Pawel Pawlikowski; regia e montaggio tessevano una trama coinvolgente eppure anti spettacolare, con dialoghi ridotti al minimo e uno sviluppo narrativo più suggerito da altri fattori che sbandierato. Nessuna scena madre, quindi. Non può che far piacere riscontrare una pari maestria, addirittura superata da una storia e dei personaggi memorabili, nel suo nuovo film, Cold War. Siamo sempre in Polonia, in anni non troppo lontani: dal 1949 fino alla metà degli anni Sessanta.
Quello che non cambia sono i suoi protagonisti rinchiusi letteralmente nel suo formato 4:3. Se in Ida la giovane novizia aveva la forza per vedere il mondo appena al di là delle mura del suo convento di clausura, per poi tornare indietro, seppure maturata, in Cold War i protagonisti sono due: un pianista e una cantante, sullo sfondo di una Polonia faticosamente in ricostruzione sulle rovine della Seconda guerra mondiale. Un’altra storia d’amore assoluto, non verso un Dio, ma fra due persone destinate a non stare mai insieme, almeno in questa terra, nonostante il loro sia un amore definitivo e come tale identificato ben presto da entrambi. Come non cedere a un destino che, pur male assortiti e provenienti da esperienze diverse, gli impone sempre di inciampare uno nell’altra?
Cold War prosegue a ondate, con alcune scene che ci aggiornano sullo stato (anche geograficamente) in cui i due si trovano, dall’innamoramento nel 1949 fino a una conclusione in cui finalmente prendono in mano il loro destino - naturalmente non vi diremo come - nel 1964. Sullo sfondo, mai il tema principale ma sempre incombente, la Guerra fredda, il destino di chi diventò adulto alla fine della guerra, le cui speranze di potersi costruire un futuro finalmente sereno e libero si infransero contro l’irrompere della dittatura comunista, e della Polonia in particolare, con la sua storia maledetta e costantemente incompiuta, così come l’amore fra Zula e Wiktor. Gli anni passano e i luoghi in giro per l’Europa in cui si ritrovano aumentano: dopo Varsavia, Parigi, la Iugoslavia, Berlino.
I due si chiamano come i genitori di Pawlikowsi, a cui il film è dedicato, morti per un beffardo e definitivo scherzo del destino nel 1989, proprio appena che crollasse quel dannato muro di Berlino che aveva sconvolto le loro vite. Zula ha una personalità in fiamme, un orgoglio che la fa sempre uscire dai binari e una voce che fa sciogliere in lacrime, mentre Wiktor è alto e dinoccolato, instabile ma sempre in piedi, alimentato a nicotina e serate nei jazz club.
La musica ha un ruolo centrale, come in Ida e ancora di più. Dal primo fotogramma, in cui Wiktor gira per il Paese alla ricerca di cantanti e musicisti tradizionali da preservare, fino alle note che fanno vibrare la coppia protagonista. La musica è il motore che alimenta l’amore e rende indivisibili due persone che non lo sarebbero, permettendogli di comunicare.
Inconsciamente il moto perpetuo dei due in giro per l’Europa, che comporta la fuga al di là della cortina di ferro e per Wiktor la perdita di ogni nazionalità, è il tentativo di trovare un luogo in cui il loro amore possa sbocciare veramente, aiutati dall’universalità della loro amata musica. Tanto che sembrano conciliati solo quando è un’altra colonna sonora a predominare, quella dei suoni della natura, che sia in una toccante nottata in barca lungo la Senna o in autobus inseguendo una ritualità sempre negata, per cementare il loro amore.
Anni apparentemente immobili, ma in cui tutto cambia, sempre più velocemente di quanto possano affannarsi a stargli dietro Wiktor e Zula, in un film che non spreca una parola o un’inquadratura, dal ritmo irrequieto eppure altèro, che conferma la maestria di Paklowski, ormai uno dei registi di riferimento del cinema europeo.   (Da Coming Soon)