RECENSIONE : Annette è
un’esperienza filmica magnifica e intellettualmente
stimolante, un
musical assolutamente atipico. Ci si
ritrova inondati da musica, immagini, sottotesti più
o meno espliciti – che sicuramente richiedono più di
una visione, cosa che farò il prima possibile –
entrando di diritto nella top assoluta dei film
usciti quest’anno in sala. Se volete assistere a
qualcosa di nuovo, che spezza volutamene le regole
per crearne delle nuove, andate al cinema e godete
di quest’esperienza magnifica.
(Nerdevil.it)
Leos Carax,
autore di ipotizzanti opere quali Pola X e
Holy Motors, ritorna dopo 9 anni sulla
scena con un’operazione unica nel suo genere: un
musical che accompagna due artisti verso la loro
completa disfatta. Premiato al
74° Festival di
Cannes per la Miglior Regia,
Annette
rappresenta un grande salto della fede, che
viene compiuto da uno spettatore ignaro degli eventi
che vengono descritti e della conduzione del tutto
asimmetrica, libera da costrizioni, con brani che
sembrano quasi improvvisati e con un duo di
interpreti totalmente al servizio di una storia
passionale ma anche ai limiti del mortale.
Henry Mc Henry (Adam
Driver) viene chiamato Ape of
God, un comico che si esibisce in spettacoli
irriverenti e trasgressivi. Una volta innamoratosi
di una cantante lirica e attrice di teatro, Ann
Defrasnoux (Marion
Cotillard), viene messo in scena un amore
consumato in fretta, una unione morbosa che rischia
di abbattere i limiti strutturali di due mondi
immersi nell’arte più pura ed espressiva.
Annette è
la figlia che, all’improvviso, rivoluziona le vite
di Henry e Ann. Una nuova fragile creatura,
interamente fatta di legno e quindi un burattino che
riprende lo stile utilizzato nella celebre fiaba di
Pinocchio di
Carlo Collodi, occupa questo mondo folle e
spericolato con fare gentile e un’anima in attesa di
essere compresa dai suoi genitori.
Leos Carax, con l’aiuto di
Ron Mael e
Russell Mael
dell’acclamata rock band
SPARKS,
compongono insieme una sinfonia elettrizzante che
volteggia su un filo molto sottile, in bilico fra
assoluzione e distruzione. Annette si
presenta subito con un intero cast intento a
prepararsi nei loro rispettivi ruoli, nel brano di
apertura “So May We Start” costumi e
parrucche vengono indossati per
accedere ad un universo lunatico, multiforme, che
vive di sfoghi improvvisi e manifestazioni di un
affetto già soffocato in partenza. Carax è
immerso in una regia che si nutre di luci insidiose,
di contrasti indovinati che rappresentano al meglio
due personalità agli antipodi.
Henry Mc Henry è un’icona sporcata di un orgoglio
smisurato, di un accettazione di sé che dura
solamente un atto, per poi autoinfliggersi danni
permanenti che vanno a scuotere le fondamenta di un
rapporto tossico.
Adam Driver tira fuori tutta la sua capacità di
vivere un palcoscenico e riempirlo di numerosi
spunti di riflessione; dall’immortalità
dovuta al successo sino all’istinto paterno
reinterpretato con un’ottica completamente distorta,
che non lega in nessun modo con la grazia e la
sofisticatezza del personaggio di Ann, interpretato
da una sempreverde
Marion Cotillard. I due attori conducono un
balletto che
incontra l’abisso delle loro anime,
attraverso una natura composta da stelle portatrici
di sventure, foreste che si estendono oltre le loro
esibizioni e torbide maree che cambiano di netto
l’assetto dell’intera narrazione.
Annette è una figlia sperduta nell’insicurezza,
in uno stato mentale nella quale non può fare
affidamento ai suoi genitori. Un bambolotto in mano
ad artisti che la vogliono venerare per come appare
sugli schermi e per una qualità innata che emerge
fin da subito: una voce candida e soave che riempie
di gioia i cuori degli spettatori.
Carax traccia un percorso irto di dubbi che
esprimono inadeguatezza e inadattabilità.
Questo si nota dalla stesura di brani caratterizzati
da ritornelli martellanti, da grida disperate che
non trovano pace all’interno della messa in scena
raffinata e fotografata alla perfezione da
Caroline Champetier.
Tonalità infinite di blu – l’ancora di salvezza e
rappresentazione viva di un’arte prossima al
decadimento – e verde – la farsa, la tragedia
mascherata da commedia nel mondo di Henry – si
scontrano in una
battaglia furiosa e roboante, con una cifra
stilistica davvero imponente che sfrutta i suoi 15
milioni di dollari di budget per ideare una sorta di
kolossal travestito da musical. Un’operazione che
ricorda le opere di
Baz Lurhmann più apprezzate (Romeo +
Giulietta e Moulin Rouge!), tra
montaggi incrociati e ralenty fondamentali per
soffocare le ambizioni e la creatività di interpreti
che vanno incontro ad un destino più nero delle loro
incertezze. Annette
è morta, lunga vita ad Annette.
Il pubblico e il coro di accompagnamento nella
colonna sonora, assieme ad un direttore d’orchestra
mosso da istinti primordiali, un
Simon Helberg
inedito nel ruolo del
Conduttore
– senza nome, perché va incarnando uno spirito
libero e mosso da valori primari da conservare -,
animano il girato e cercano di elevare dei corpi
martoriati e sconfitti.
L’impalcatura da
cinema vibrante, che si nutre di numeri ed
esibizioni più grandi della vita stessa, lascia il
posto ad una lenta e misurata discesa verso le
tenebre; Leos Carax tende una mano
invisibile a protagonisti che non raggiungono il suo
stesso grado di ispirazione, e viene costretto a
ricoprire la parte di traghettatore impavido, che
non ha paura di scendere a compromessi per punire le
sue figure di riferimento. Un film magistrale.
(Cinematographe - Antonio Cianci)